Capitolo 3 - Fari nell'oscurità

🌧️ Il cielo si oscura, la pioggia batte incessante, e Leyla è sola, intrappolata in un incubo di luce accecante e ombre minacciose.

🚗 Un'auto si avvicina, fredda, implacabile... e non è lì per caso.

✦✧✦✧✦ 𝓛𝓮𝔂𝓵𝓪 ✧✦✧✦✧

Il cielo plumbeo, saturo di pioggia che cadeva incessante, aveva inghiottito ogni residuo di luce diurna, avvolgendo la strada in un'oscurità prematura e sinistra.

Dei fari in lontananza squarciavano quella cortina tenebrosa, puntando dritti verso lo sguardo di Leyla come occhi di predatore. Il muro di luce abbagliante che si ergeva di fronte a lei, fuso al riflesso viscido della pioggia sull'asfalto, la accecava, rendendo impossibile distinguere alcunché oltre il parafango della ruota anteriore.

Con il corpo irrigidito dal freddo e dalla tensione, avanzava tastoni, attenta a non perdere l'equilibrio sui traditori dislivelli dell'asfalto bagnato, finché non fu costretta a fermarsi, immobile sotto la pioggia battente, in attesa che l'auto liberasse la strada e sperando con un sussulto di ansia di poter riprendere presto il cammino verso casa.

"Meglio un raffreddore che finire stesa come un'idiota sull'asfalto!" pensato Leyla, le dita irrigidite attorno al manubrio.

Poi, la bocca le si spalancò quando anche il mezzo, con un sommesso lamento meccanico, rallentò fino a fermarsi a una ventina di metri da lei.

Leyla strizzò gli occhi, nel tentativo disperato di penetrare il bagliore accecante dei fari per distinguere la sagoma del veicolo e ciò che si celava dietro. Tuttavia, la pioggia battente, ora più intensa, e il buio denso sembravano cospirare contro di lei, sigillando il mondo in un raggio di pochi metri appena.

"Che cosa stanno facendo? Potrebbero almeno spegnere quei dannati fari!", brontolò mentalmente, sentendo un'onda di irritazione mista a un crescente disagio salirle lungo la schiena.

Si aggiustò sulla sella fradicia, cercando di proteggersi dal freddo tagliente che le penetrava nelle ossa e dalla pioggia che le sferzava il viso con una forza quasi crudele, lasciandole la pelle arrossata e bruciante.

Con l'arrivo del temporale, il buio calò denso e silenzioso. I lampioni solari si accesero in anticipo, proiettando una luce pallida e tremolante che danzava in modo spettrale sul terreno lucido. Quella fioca illuminazione, anziché rassicurare, creava un'atmosfera stranamente inquietante, come se il mondo intorno a Leyla si fosse trasformato in un luogo liminale, sospeso tra realtà e un incubo imminente.

A parte il sibilare del vento, che sembrava sussurrare presagi incomprensibili, e il costante, ossessivo tamburellare della pioggia sul k-way e sul terreno, un silenzio opprimente avvolgeva tutto. Nel raggio di un chilometro, non c'era traccia di anima viva, a parte Leyla, sola e intirizzita, e chiunque, o qualunque cosa, si nascondesse nell'opacità metallica di quell'auto misteriosa, immobile nella notte piovosa.

"Non potrebbero sbrigarsi e togliersi di mezzo?" sussurrò Leyla tra i denti, mentre il freddo le serrava il petto e le membra si facevano sempre più pesanti. Poteva percepire chiaramente un tremolio incessante e scuoterle la mandibola, come il ticchettio impazzito di un orologio sul punto di esplodere. Ma la cosa più terribile erano i brividi gelidi che le correvano lungo la schiena, come se una mano invisibile, carica di cattive intenzioni, le accarezzare la spina dorsale, scuotendo ogni fibra del suo corpo con un'intensità quasi ultraterrena.

Era il momento di decidere. Leyla non poteva più esitare.

Intirizzita, fradicia, con la rabbia che traboccava dentro di lei come un'onda trattenuta troppo a lungo, chiuse le dita rigide attorno al manubrio. Poi, dopo un respiro profondo, spinse sui pedali, decisa a tornare a casa.

Ma appena la bici si mosse, l'auto si svegliò con un rombo minaccioso di accelerare a vuoto, cambiando corsia e invadendo la carreggiata opposta, come a volerle sbarrare la strada.

Un nodo allo stomaco. Il cuore martellava, pronto a esplodere. "Ma sono pazzi?!" esclamò Leyla, la voce strozzata tra incredulità e terrore.

Il veicolo, lento ma preciso, avanzava come guidato da un'ombra. I fari la accecavano, occhi luminosi e ostili, negandole ogni dettaglio.

"Vogliono davvero investirmi?" pensò, mentre un brivido gelido le correva lungo la schiena. La mente faticava a dare un senso all'assurdo. L'agitazione cresceva, la rabbia si dissolse, lasciando solo terrore. Pensieri confusi le ronzavano nella testa, come un'eco sinistra.

Nessuna logica.

Solo l'istinto urlava: pericolo.

Leyla si voltò, gli occhi in cerca disperata di un volto amico, di una luce. Ma la strada era deserta, immersa in un silenzio irreale, mentre l'auto si stava ancora avvicinando, minacciosa come un predatore che pregusta la paura della preda.

Sentiva il tessuto fradicio del k-way incollarsi alla pelle, amplificando il gelo che la stava paralizzando. Poi, all'improvviso, il veicolo si fermò. Immobile. A pochi metri da lei. I fari, spietati, la colpivano come tenaglie luminose.

Un istinto primordiale le urlava dentro: Scappa!

Ma le gambe erano pesanti come piombo, inchiodate al suolo.

Con un cigolio sinistro, le portiere posteriori si aprirono. Due figure cupe emersero dall'ombra. Leyla non riuscì a distinguerne né il sesso, né il volto. Erano avvolte in lunghi impermeabili neri che frusciavano sinistramente sull'asfalto bagnato, come ombre viventi, e indossavano cappelli con visiere che nascondevano gli occhi e foulard che coprivano naso e bocca. Quelle presenze emanavano una fredda ostilità, e ogni loro movimento, lento e coordinato, sembrava vibrare di un'intenzione calcolata, come i pezzi di un macabro meccanismo.

Il cuore di Leyla iniziò a martellarle nel petto con una violenza sorda, un tamburo impazzito che le rimbombava nelle orecchie. Un sapore amaro di panico le invade la bocca. Mai, in tutta la sua vita, aveva percepito un pericolo così denso, così vicino da poterlo quasi toccare. Il freddo della pioggia si acuì sulla sua pelle, mentre un torpore strano le invadeva gli arti, contrastato dal febbrile lavoro del suo cervello in cerca di una via d'uscita.

Combattere? Scappare? Restare immobile, preda inerme?

Ogni opzione pulsava di un presagio terribile.

La tensione nell'aria era così palpabile che Leyla sentiva la sua pelle formicolare, come se una sottile scarica elettrica la stessa attraversando.

Il tamburellare della pioggia sulle foglie vicine sembrò svanire. Leyla era sospesa in un istante dilatato, il suono del proprio respiro unico segnale vitale, in bilico tra l'istinto che le urlava di fuggire e l'incertezza gelida di ciò che sarebbe accaduto al minimo movimento.

Le due figure si avvicinarono silenziosi, con passi appena udibili, come se la gravità non avesse presa su di loro.

Un'ondata di freddo strinse il petto di Leyla, gelando ogni fibra del suo corpo. La realtà, crudele e implacabile, le rubava il respiro.

"Che cosa volete?" riuscì a sussurrare con la voce roca e soffocata. Ma le figure non diedero segno di aver udito, continuarono ad avanzare, come automi insensibili.

E poi, improvvisamente, il fruscio del tessuto di uno degli impermeabili si fece più intenso. Uno degli energumeni alzò una mano, un gesto lento e inequivocabile. Leyla trattenne il respiro, il cuore bloccato in gola, il sapore metallico della paura sulla lingua, mentre il mondo umido e ostile intorno a lei sembrava cristallizzarsi.

✦✧✦✧✦ 𝓛𝓮𝔂𝓵𝓪 ✧✦✧✦✧

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