Alisia rimase congelata sulla panchina, come se il mondo intorno a lei si fosse fermato. Le parole di quel ragazzo – *“Sono tuo figlio”* – continuavano a rimbombare nella sua mente. Guardava Andrea, cercando di trovare una risposta, qualcosa da dire, ma ogni parola sembrava svanire prima ancora di essere pronunciata.
Andrea, d’altra parte, la fissava con una miscela di rabbia e dolore. Dopo anni di attesa e ricerca, finalmente si trovava di fronte a lei. Ma invece di provare soddisfazione, si sentiva invaso da un’ondata di emozioni contrastanti. Non era solo rabbia: c’era delusione, curiosità, e forse una piccola parte di lui sperava ancora in qualcosa di diverso.
"Andrea..." Alisia sussurrò infine, quasi incapace di credere a ciò che stava accadendo. Non aveva mai dimenticato quel nome. Nonostante tutti i suoi sforzi per andare avanti, il ricordo di quel bambino che aveva lasciato non l’aveva mai davvero abbandonata.
"Così, te lo ricordi," disse Andrea, con un sorriso amaro. "Non ti sei mai preoccupata di cercarmi, ma almeno il mio nome non l’hai dimenticato. Complimenti."
Alisia sentì una fitta al cuore. Ogni parola di Andrea era una freccia che colpiva direttamente la sua coscienza. "Io... io non sapevo come affrontarlo," balbettò. "Ero giovane, spaventata... Ho pensato che fosse meglio per te, per entrambi."
Andrea rise, una risata fredda e priva di gioia. "Meglio per me? Davvero? Sai com'è crescere in un orfanotrofio, sentendoti indesiderato ogni singolo giorno? Sai com'è guardare gli altri bambini essere adottati, mentre tu rimani lì, a chiederti perché tua madre ti ha lasciato?"
Alisia abbassò lo sguardo. Non aveva risposte per lui. Ogni scusa che aveva preparato nella sua mente negli anni sembrava vuota, insignificante davanti alla realtà del dolore di Andrea.
"Non ti interessa nemmeno sapere chi sono diventato, vero?" continuò lui, con la voce che si spezzava leggermente. "Non ti interessa sapere che sono un calciatore, che mi sono fatto strada da solo senza nessun aiuto? Non hai mai voluto sapere nulla di me."
Alisia alzò lo sguardo, i suoi occhi pieni di lacrime. "Andrea, non è vero. Ho sempre pensato a te. Ogni giorno. Ma ero troppo codarda per affrontare ciò che avevo fatto."
Andrea scosse la testa, allontanandosi di qualche passo. "Pensare non è abbastanza, Alisia. Non cancella gli anni di sofferenza. Non cancella il fatto che mi hai abbandonato come se fossi niente."
Il silenzio calò tra loro, interrotto solo dal rumore lontano del traffico e dal canto degli uccelli. Alisia si alzò dalla panchina, cercando di avvicinarsi ad Andrea. Ma lui fece un passo indietro, alzando una mano per fermarla.
"Non ti ho cercata per ascoltare le tue scuse," disse con freddezza. "Ti ho cercata perché voglio che tu provi almeno una parte del dolore che ho dovuto sopportare. Voglio che tu sappia cosa significa essere rifiutati."
Alisia si sentì crollare. Non aveva mai pensato che questo giorno sarebbe arrivato, e ora si rendeva conto di quanto fosse impreparata. Andrea non era più un bambino, era un uomo con una forza e una rabbia che lei non poteva ignorare.
"Andrea, ti prego, lasciami spiegare," implorò. "Dammi una possibilità per rimediare, per farti capire che non ti ho mai dimenticato."
Ma Andrea non era disposto ad ascoltare. "Non voglio le tue spiegazioni," disse con fermezza. "Non ti ho cercata per sentirmi dire che ti dispiace. Voglio che tu sappia cosa significa perdere tutto, esattamente come è successo a me."
Con queste parole, si voltò e se ne andò, lasciando Alisia sola sulla panchina, con il cuore spezzato e le lacrime che le scorrevano sul viso.
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Nei giorni successivi, Alisia non riuscì a pensare ad altro. La presenza di Andrea aveva riaperto ferite che aveva cercato di seppellire per anni. Ogni sua parola le tornava in mente, come un eco doloroso che non riusciva a fermare.
Nel frattempo, Andrea continuava a seguire Alisia da lontano. Non era pronto a lasciarla andare. Anche se le sue parole erano state dure, c’era una parte di lui che desiderava disperatamente un legame, una spiegazione che potesse alleviare il vuoto che sentiva.
Un giorno, mentre Alisia si trovava nel suo studio a lavorare, ricevette un biglietto anonimo. Sopra c’era scritto solo: *"Se vuoi dimostrarmi che ti importa, incontrami domani al campo da calcio vicino a Parco Sempione. Ore 16:00."*
Alisia riconobbe subito la mano di Andrea. Il suo cuore cominciò a battere più forte. Non aveva idea di cosa aspettarsi, ma sapeva di non poter ignorare quell’opportunità.
Il giorno seguente, Alisia arrivò al campo puntuale. Andrea era già lì, con un pallone tra le mani. La guardò senza dire una parola, indicando il campo.
"Vieni," disse con tono neutro. "Voglio mostrarti una parte della mia vita. Una parte che ti sei persa."
Alisia, nonostante il cuore che le batteva forte, lo seguì. Non sapeva cosa Andrea avesse in mente, ma era disposta a fare qualsiasi cosa per cercare di colmare quel baratro tra loro.
E così, sotto il sole del pomeriggio, madre e figlio si trovarono finalmente insieme, su un campo che sarebbe diventato il teatro del loro confronto, della loro rabbia, ma forse anche di una possibile riconciliazione.
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